La maggior parte dei medici olandesi considera 50 nmol/L il livello minimo di vitamina D che le persone sane dovrebbero avere, ma un numero crescente di endocrinologi ritiene che questa linea guida sia troppo modesta. Ad esempio, la Endocrine Society internazionale suggerisce che questo valore minimo dovrebbe essere di 75 nmol/L.
Mentre il dibattito sulla quantità ottimale di vitamina D è ancora lontano dall'essere concluso, è già chiaro che ampie fasce della popolazione ne assumono una quantità insufficiente. 1 italiano su 3, durante i mesi invernali, ha livelli di vitamina D inferiori a 30 nmol/L. Ulteriori informazioni su questo problema e su come normalizzare livelli bassi di vitamina D sono disponibili qui.
Lo studio pubblicato dagli australiani sull'American Journal of Clinical Nutrition rappresenta un traguardo scientifico per diverse ragioni. Innanzitutto, i ricercatori avevano accesso ai dati di un vasto numero di partecipanti, raccolti da operatori sanitari e scienziati altamente qualificati. I dati, per inciso, sono stati raccolti in Inghilterra nell'ambito di un progetto chiamato UK Biobank.
I partecipanti avevano un'età compresa tra i 37 e i 73 anni all'inizio dello studio. I ricercatori li hanno seguiti per un periodo di 10-14 anni. Erano noti i livelli di vitamina D nel sangue dei partecipanti e il loro stile di vita, incluso quanto si muovevano e quanto spesso si esponevano al sole. Inoltre, i ricercatori conoscevano anche alcuni geni importanti dei partecipanti, che influenzavano il metabolismo della vitamina D nel corpo.
Grazie alla grande quantità e alla qualità dei dati disponibili, e anche grazie a nuovi metodi statistici, i ricercatori australiani sono stati in grado di isolare non solo l'effetto dello stile di vita, ma anche quello dei geni. Questo non era mai stato fatto prima.
“La vitamina D è un ormone la cui influenza su moltissimi aspetti della nostra salute è sempre più evidente”, afferma la direttrice della ricerca Elina Hyppönen in un comunicato stampa. “Questo vale anche per la salute del nostro cervello. Finora è stato particolarmente difficile stimare cosa accadrebbe se riuscissimo a eliminare la carenza di vitamina D su larga scala. La nostra ricerca è la prima in tal senso”.
Gli australiani hanno trovato non solo un effetto positivo di livelli adeguati di vitamina D sulla demenza, ma anche una riduzione del rischio di ictus migliorando una carenza di vitamina D fino a livelli salutari.
Navale (2022), Vitamin D and brain health: an observational and Mendelian randomization study.University of South Australia (2022), Vitamin D deficiency leads to dementia (Press Release).
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